San Marino. Legge sulle risoluzioni bancarie, ad oggi un fallimento

San Marino. Legge sulle risoluzioni bancarie, ad oggi un fallimento

L’Informazione: “Ad oggi la legge sulle risoluzioni bancarie è stata un fallimento”

Nessun recupero degli Npl, nessuna stabilizzazione del sistema, il peso sul bilancio di Bcsm e adesso le lettere di licenziamento

Antonio Fabbri

A quasi due anni dalla legge sulle risoluzioni bancarie (giugno 2019), appare conclamato il fallimento di quel provvedimento. Nonostante Libera e non solo ne sostenga l’efficacia, il naufragio di quella legge – voluta anche da Bcsm e dalla sua Presidente che in prima battuta avevano tuttavia proposto in bail-in – è nei fatti. Non si è realizzato quasi nulla di tutto quello che era stato preventivato e, se in extrmis non si metterà in campo quanto previsto dagli ultimi decreti, tutto il peso di quella operazione ricadrà inevitabilmente sulle spalle dei cittadini.

Perché il naufragio di quel progetto è nei fatti?

Nessun recupero degli Npl Primo dato. Era stato assicurato che Banca Nazionale Sammarinese avrebbe gestito la transizione da BancaCis al veicolo di recupero dei crediti non performanti, “in tempi rapidi”. Sono tuttavia già trascorsi quasi due anni. Questo recupero avrebbe dovuto portare alla almeno parziale copertura del buco registrato in Cis e alla almeno parziale copertura dei fondi pensione, che restano comunque garantiti dallo Stato.

Ad oggi questo veicolo non c’è ancora. Eppure diceva Via del Voltone: “L’intervento di Bcsm è comunque transitorio, per il tempo strettamente necessario a ripristinare gli equilibri tecnici della banca risolta, anche mediante la revisione del proprio modello di business ad opera dell’amministratore speciale, evolvendo auspicabilmente – in tempi brevi, d’intesa con le altre banche – nel veicolo di sistema per la gestione dei crediti deteriorati (NPL)”. Il nuovo modello di business non si è visto e per ora neppure il veicolo. Tanto che si tagliano le teste.

Bilanci non ancora pubblicati Secondo dato. Anche recentemente in Consiglio, a novembre 2020 da parte del consigliere democristiano Stefano Giulianelli, è stata sollecitata la presentazione del bilancio di Bns. Mancavano all’appello quelli del 2018 e 2019, e mancano tuttora perché sul sito di Banca Centrale nello spazio dedicato ai soggetti autorizzati, l’ultimo bilancio presente è quello del 2017, che vede la banca con un capitale sociale di 19 milioni di euro. Non è dato sapere, ad oggi, quale sia il bilancio consolidato al 31 dicembre 2019, anche se si sa che è stato presentato a Banca Centrale che lo ha approvato il 30 dicembre scorso. Di certo lo Stato si è impegnato ad acquisire le azioni di Bns, stabilendo di pagare quei 19 milioni per l’acquisizione del capitale sociale, ma attualmente, con tutta evidenza il valore di quella banca non è più quello, tanto che in Consiglio è stato stabilito che, se questo era il valore di partenza, si sarebbe dovuto valutare l’esborso statale una volta chiuso il bilancio finale dell’amministrazione speciale. Quando sarà chiuso, quindi, il bilancio del 2020, che ancora sarebbe in lavorazione. Ad oggi il passaggio delle azioni allo Stato, attualmente al 100% in mano a Bcsm, non è stato attuato e Bns è ancora operativa, con tutti i costi che ne conseguono. Per capire quanto sia il passivo, o più difficilmente l’attivo, della gestione di Bns negli ultimi anni, si attende dunque la pubblicazione dei bilanci 2018, 2019, 2020 che ancora sul sito di Banca Centrale, nella sezione dedicata ai soggetti autorizzati, non compaiono.

Nessun “nuovo modello di business” Terzo dato. La presidente di Bcsm Catia Tomasetti disse in più di un’occasione che, attuata la Legge sulla risoluzione bancaria e il lancio del “nuovo modello di business” – mai avvenuto – l’istituto si sarebbe potuto vendere anche a condizioni più vantaggiose di quelle di cessione dell’ex BancaCis alla famigerata società francese, la cui offerta non è stata ritenuta attendibile, anche se pare che la e-mail di risposta da Bcsm alla società interessata non sia mai arrivata. C’è tuttavia chi sostiene che fosse un società inesistente. Comunque sia, ad oggi, non si sono visti né il “nuovo modello di business”, né le prospettive di cessione.

Nessuna garanzia per l’occupazione. Licenziamenti Quarto dato. I dipendenti. Le forze politiche che hanno sostenuto la legge sulle risoluzioni bancarie, talune forze dell’attuale maggioranza e Libera in ciò spronate dalla presidenza di Bcsm, come pare avvenga tutt’ora, hanno puntato molto sull’occupazione. Il Commissario straordinario Sido Bonfatti aveva comunicato: “Tutti gli attuali dipendenti di BancaCIS-Credito Industriale Sammarinese rimarranno in servizio presso Banca Nazionale Sammarinese” e aveva aggiunto che l’obiettivo era “ formare e non licenziare”. Per la verità diversi hanno ricevuto il benservito da subito. Ma non è finita. In questi giorni sono infatti arrivate ai sindacati, all’Anis e soprattutto ai dipendenti di Bns le lettere di licenziamento. Tutto questo senza che ancora si sappia quale sarà l’evoluzione di Bns. O meglio, nella lettera di licenziamento delle prospettive sull’evoluzione vengono ventilate dall’Amministratore speciale Sido Bonfatti. Tuttavia si tratta di prospettive legate ai provvedimenti adottati e a quanto prospettato dalle promesse politiche. Viene così ipotizzato quante unità potrebbero servire per portare avanti la futura annunciata Società di gestione degli attivi, ente in cui si dovrebbe trasformare Bns, e l’Istituto per la Gestione e il Recupero dei Crediti (il famoso veicolo per recuperare gli Npl). Nulla di più. Tanto che la conclusione della lettera di licenziamento è perentoria e lapidaria: “IN OGNI CASO, in relazione a quanto sopra rappresentato (…) si comunica l’intendimento di procedere al licenziamento di tutte le attuali 23 (ventitré) unità, con decorrenza immediatamente a far data, di norma, dai termini consentiti dalla Legge”. Fatti fuori, quindi, tutti i dipendenti. Il lavoratori in settimana dovrebbero avere un incontro con i sindacati.

Il peso sul bilancio di Bcsm Quinto dato. C’è poi il fatto che da ormai venti mesi Bns grava sulle spalle di Banca centrale e, di riflesso, dello Stato, cioè di tutti i sammarinesi. Così, nel prossimo bilancio, Via del Voltone dovrà probabilmente fare i conti con la situazione di Bns che non pare abbia prodotto gli utili promessi continuando ad avere spese di gestione. Men che meno risulta si sia strutturata come una banca in grado “di attuare interventi sistemici per la stabilizzazione del sistema finanziario”.

Quanto la legge sulle risoluzioni bancarie abbia consentito di recuperare ad oggi, al di là dei numeri citati da Libera nei suoi comunicati, non è del tutto chiaro. La sensazione è che, a conti fatti, l’operazione sarà di gran lunga più costosa di quanto sia riuscita a recuperare.

In sintesi Bns: non ha ancora recuperato Npl; non ha salvaguardato l’occupazione; non è divenuta strumento di stabilizzazione del sistema; graverà sul bilancio di Via del Voltone. Se così stanno le cose, più che una risoluzione appare un disastro.

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