Aborto ed eutanasia, Don Mangiarotti: “L’uomo è fatto per cose migliori”

Aborto ed eutanasia, Don Mangiarotti: “L’uomo è fatto per cose migliori”

Riceviamo e pubblichiamo

Nei tempi drammatici è necessario avere chiarezza di giudizio. E questo è sempre possibile ritrovando “compagni di cammino” che sappiano dare ragione di quanto ritengono valido.

E non è detto che questi aiuti vengano solo dal presente: la storia ci fa incontrare volti e persone che favoriscono questa capacità di orientarsi nella confusione del presente.

Mi è capitato per caso – ma il caso non esiste – di leggere la bella biografia di Dietrich von Hildebrand, scritta con acume e amore dalla sua seconda moglie, Alice. Mi aveva inoltre incuriosito la prefazione scritta dall’allora cardinal Ratzinger. Che cosa di importante ed essenziale si può trovare in questa storia di un uomo che, figlio di un grande scultore appassionato della bellezza (e dell’Italia), riconosce nella fede cattolica la più bella e profonda ragionevolezza, e che ha saputo leggere la tragedia del nazismo con una lucidità che mancata a tanti cattolici del suo tempo?

Nelle parole di Alice ritrovo un suggerimento di portata universale: «Non usò mai la fede come argomento per una posizione che stava difendendo, ma scoprì quanto profondamente questa possa allargare e approfondire l’orizzonte intellettuale di una persona. Essa feconda la ragione, la arricchisce e le permette di percepire sfumature e domande che rimangono velate a chi non ha mai ricevuto questo dono insondabile. Dietrich von Hildebrand era convinto, per esperienza, che la fede, lungi dall’essere un ostacolo alla ricerca intellettuale, in realtà libera e purifica la ragione umana, così profondamente ferita dal peccato originale».

Inoltre ha vissuto con coraggio la situazione drammatica del nazionalsocialismo, anche di fronte alla possibilità, meglio alla minaccia di morte decretata dal regime. Il suo è stato un coraggio capace di leggere con chiarezza quanto stava accadendo, segnato dal dolore di fronte ai tanti, anche i cattolici, incapaci di un giudizio corretto: «I vescovi tedeschi, che in precedenza avevano comminato una sentenza di scomunica ai membri del Partito nazista, avevano revocato la pena poco dopo l’ascesa al potere di Hitler. Per Dietrich, quel rovesciamento fu una cosa molto amara da constatare. I leader della Chiesa erano chiamati a fare da sentinelle e i vescovi avrebbero dovuto essere i primi a dare l’allarme e ad avvertire le loro pecore del pericolo religioso, morale e umano che la filosofia nazista rappresentava. Avrebbe dovuto essere così palesemente chiaro da non potersi onestamente definire cattolici romani e allo stesso tempo accettare la filosofia anticristiana, materialista e atea del nazismo».

Mi auguro che abbiamo tutti a ritrovare la curiosità di scoprire alcuni dei suoi testi, così appassionati e così realisti nel giudizio, per imparare a leggere, nel presente, quanto accade in una prospettiva di bene, di verità, di libertà. È sua questa citazione di Kierkegaard: «ogni scrittore religioso, oratore, o maestro, che si allontana dal pericolo e non si trova mai dove questo è presente e dove il male ha la sua forza, è un bugiardo…».

In compagnia di uomini così diventa più facile capire quanto sta accadendo, e soprattutto riconoscere una via possibile di cambiamento. Nel nostro contesto sociale e culturale è questo un compito impegnativo e difficile, basta pensare alla esultanza di alcuni di fronte alla “conquista” italiana di una morte aiutata dallo stato: «per la prima volta in Italia, una paziente ha ottenuto il suicidio assistito e l’accesso al farmaco letale interamente tramite il servizio sanitario nazionale, riconoscendo appieno i suoi diritti di fine vita», salutata da queste parole: «Forse qualche passo avanti si può fare». Come pure ci interroga l’indifferenza di fronte a 17 bambini concepiti e uccisi in un anno in seguito alla legge che legalizza l’aborto in Repubblica, anzi ci colpisce la lettura di questa tragedia come una conquista di libertà e civiltà. È vero, abbiamo bisogno di maestri che non si allontanino dal pericolo e che ci sappiano testimoniare la bellezza della vita e della libertà e della verità.

P.S.: viviamo in una Repubblica che ha come fondatore e patrono un Santo e in cui gli atti più solenni sembrano compiuti in nome di Dio. Abbiamo una tradizione cristiana di cui siamo fieri e che hanno fatto di noi l’antica terra della libertà. Come son vere le accorate parole di von Hildebrand: «È già cosa triste che gli uomini perdano la loro fede e lascino la Chiesa, ma è ancor peggio che persone le quali in realtà hanno perduto la fede restino nella Chiesa e, come termiti, cerchino di minare la fede cristiana pretendendo di dare alla rivelazione cristiana l’interpretazione adatta all’“uomo moderno”».

Forse queste parole di Alice, la moglie di Dietrich, ci aprono lo spazio alla speranza e alla responsabilità: «“C’è qualcuno che desidera la vita e brama lunghi giorni per gustare il bene? preserva la lingua dal male, le labbra da parole bugiarde. Sta lontano dal male, fa il bene, cerca la pace e perseguila”.

Mai nella storia dell’umanità l’uomo comune ha avuto così tanti beni materiali, eppure mai è stato più inquieto e infelice. Tutti noi conosciamo persone che hanno tutto e non godono di nulla. L’infelicità pervade ogni aspetto della loro vita: i loro beni sono diventati dei fardelli che danno soddisfazione immediata, ma non li avvicinano di un centimetro alla felicità. Possiamo raggiungere i piaceri; ma nessun piacere – indipendentemente dalla sua intensità – può soddisfare il desiderio dell’anima umana. L’uomo è fatto per cose migliori.

C’è qualcosa di paradossale nel fatto che gli uomini anelano così profondamente alla felicità (che Aristotele afferma essere il bene più alto), eppure così spesso scelgono strade che non possono portarli a quella meta. L’uomo è spesso l’artefice del proprio destino, il suo peggior nemico».

Gabriele Mangiarotti

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