San Marino. Don Mangiarotti: “Al lupo, al lupo!, sulle 10 Raccomandazioni dell’ECRI”

San Marino. Don Mangiarotti: “Al lupo, al lupo!, sulle 10 Raccomandazioni dell’ECRI”

Riceviamo e pubblichiamo

“«In un villaggio viveva un pastorello che di notte doveva fare la guardia alle pecore di suo padre. Si annoiava e quindi, decise di fare uno scherzo: mentre le altre persone erano a dormire egli cominciò a gridare: “Al lupo, al lupo!”, così tutti si svegliarono e accorsero per aiutarlo. Ma i pastori burloni rivelano loro che era uno scherzo.

Questo scherzo continuò per parecchi giorni, fino ad una notte in cui un lupo venne veramente. Il pastore cominciò a gridare: “Al lupo, al lupo!”, ma nessuno venne ad aiutarlo perché tutti pensarono che fosse il solito scherzo.

Così il lupo divorò tutte le pecore.»

Mi è venuta in mente questa favola leggendo le «10 Raccomandazioni dell’ECRI per una San Marino più inclusiva». Sembra davvero di essere di fronte a un disturbo ossessivo compulsivo o anche di fronte a una forma di monomania, sinonimo generico di fissazioneidea fissa. 

Mi chiedo se è possibile pensare che a San Marino, quel paese che ha dato aiuto e ospitalità in tempo di guerra a un numero imprecisato di famiglie bisognose, sfollate qui sul monte, e che ha accolto con generosità i profughi ucraini, che aiuta con abbondanza di mezzi tante persone bisognose, qui e nel mondo, sia necessario ricordare che bisogna contrastare il razzismo e l’intolleranza con misure severe. Mi chiedo se è possibile sensibilizzare sui pericoli della LGBTI-fobia un paese in cui questo problema non si è mai minimamente sentito.

Non sarà che la preoccupazione degli estensori del documento sia quella di indottrinare un popolo secondo standard ideologici che fanno pensare a regimi non molto democratici, come nel triste passato (ma ancora attivi, pur in nuove versioni e modalità, nel nostro presente occidentale)?

Il gridare «al lupo al lupo!» (fuor di metafora, alla LGBTI-fobia) qui dove il clima culturale e sociale è di accoglienza e rispetto non causerà per caso un non accorgersi del pericolo quando sarà realmente presente? E non mi basta sentire parlare di prevenzione, perché sembra piuttosto accadere una sollecitazione a comportamenti devianti.

La soluzione non sta, ritengo, nella invasione di spazi scolastici non pertinenti, ma nel valorizzare l’impegno educativo della famiglia, da favorire nella presa di consapevolezza e responsabilità. «I genitori, poiché han trasmesso la vita ai figli, hanno l’obbligo gravissimo di educare la prole: vanno pertanto considerati come i primi e i principali educatori di essa. Questa loro funzione educativa è tanto importante che, se manca, può difficilmente essere supplita. Tocca infatti ai genitori creare in seno alla famiglia quell’atmosfera vivificata dall’amore e dalla pietà verso Dio e verso gli uomini, che favorisce l’educazione completa dei figli in senso personale e sociale. La famiglia è dunque la prima scuola di virtù sociali, di cui appunto han bisogno tutte le società… Il compito educativo, come spetta primariamente alla famiglia, così richiede l’aiuto di tutta la società. Perciò, oltre i diritti dei genitori e di quelli a cui essi affidano una parte del loro compito educativo, ci sono determinati diritti e doveri che spettano alla società civile, poiché questa deve disporre quanto è necessario al bene comune temporale. Rientra appunto nelle sue funzioni favorire in diversi modi l’educazione della gioventù: cioè difendere i doveri e i diritti dei genitori e degli altri che svolgono attività educativa e dar loro il suo aiuto; in base al principio della sussidiarietà, laddove manchi l’iniziativa dei genitori e delle altre società, svolgere l’opera educativa, rispettando tuttavia i desideri dei genitori…» (Gravissimum educationis, 3): questo lo dice il Concilio Vaticano II ed è in linea con quanto anche le carte internazionali da tempo riconoscono.

Sorge poi spontanea una domanda. Il documento dell’ECRI afferma che «L’ECRI effettua ciclicamente procedure di controllo nei Paesi membri, al fine di registrare i progressi e le eventuali carenze nell’ambito del contrasto al razzismo e all’intolleranza, coinvolgendo un ampio numero di rappresentanti istituzionali e della società civile»: sarebbe interessante conoscere quell’«ampio numero» di rappresentanti della «società civile» coinvolti e interrogati. Spesso capita di vedere come il popolo, tanto spesso evocato, la società civile, di cui si vorrebbe rappresentare il valore e il pensiero, il più delle volte sia l’assente, l’indesiderato, coloro che vanno «educati» perché portatori di un pensiero non in linea con coloro che un acuto pensatore chiama «i padroni del caos».

Forse sarebbe bello vedere il crescere del coinvolgimento e del confronto tra coloro che sono appassionati del bene comune, che esprimono giudizi, con correttezza, sul vivere civile, senza fermarsi al chiacchiericcio (così spesso giustamente condannato da Papa Francesco) e alla critica nascosta. Perché non accada di «tacere su ciò che è proibito dire in dissonanza dal protocollo politicamente corretto sui temi cruciali della nostra epoca…» e di cadere «nel raggiro finalizzato, leninianamente, alla conquista e al consolidamento di un potere acquisito non in forza di una consapevolezza di popolo ma di una scaltrezza, talvolta violenta virgola di piccoli gruppi…». Sempre per citare le parole di Renato Cristin, acuto lettore della cultura contemporanea, che riprende alcuni pensieri di coloro che sanno giudicare la realtà: «Vincerete perché avete forza bruta in abbondanza, ma non convincerete. Per convincere bisogna persuadere e per persuadere avreste bisogno di qualcosa che vi manca: ragione e diritto nella lotta.» [Miguel De Unamuno] e «Il nuovo razzismo si esprime oggi con le parole dell’antirazzismo» [Pascal Bruckner].

La storia e l’identità di San Marino sono un patrimonio che può essere difeso da spiriti liberi, amanti della libertà. Abramo Lincoln, nel passato e, più recentemente, Don Milani ce lo hanno ricordato, perché hanno amato questo popolo e la sua tradizione.

don Gabriele Mangiarotti”

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