Rassegna stampa – Ancora parola alle difese nel Caso Titoli Lamentate violazioni del diritto di difesa e presentate eccezioni di costituzionalità.
ANTONIO FABBRI -Martedì pomeriggio nell’ambito del processo 500 – caso Titoli, è stata la volta Martedì pomeriggio nell’ambito del processo 500 – caso Titoli, è stata la volta degli avvocati difensori di Mario Fabiani, Mirella Sommella ed Emilio Gianatti. Ieri mattina, invece, è toccato alle difese di Marco Mularoni, Roberto Venturini, Ugo Granata e Roberto Moretti, la cui difesa terminerà le conclusioni lunedì 8 luglio.
La difesa di Mario Fabiani Ha toccato diversi punti essenziali l’avvocato Carlo Biagioli, difensore di Mario Fabiani, rimarcando in primis alcune eccezioni già sollevate all’inizio del processo, ma a suo avviso non risolte.
In primo luogo la questione dell’inutilizzabilità di alcune prove che, se non sancita, causerebbe una violazione del diritto di difesa, “anche perché non è stata fatta la rinnovazione di quelle prove in giudizio”, ha detto l’avvocato Biagioli. In particolare si tratta delle acquisizioni recentemente ammesse relative a delle registrazioni per la cui estrazione è stato dato mandato alla polizia giudiziaria. “Azioni peritali alle quali, però, Fabiani non ha partecipato perché non notificato. Allo stesso tempo quella prova non è stata rinnovata e il perito non è stato sentito in dibattimento, né è stato indicato tra i testimoni richiesti dall’inquirente. Non sono stati rinnovati quegli atti nel dibattimento. Detto questo chiediamo che quel materiale probatorio sia dichiarato inutilizzabile nei confronti del Fabiani”, ha detto l’avvocato Biagioli, che ha anche chiesto la nullità del capo d imputazione “Non abbiamo ancora capito di che cosa sia accusato il Fabiani. Sono andato a rileggere il capo di imputazione, e ancora non lo capisco: è privo delle colpe che sarebbero ascritte a Fabiani. Viene associato a condotte iniziali con Siotto e Savorelli perché avrebbe supporto tecnico in qualità di intermediario per BancaCis… ma Fabiani non è mai andato nel Cda della banca. Era un consulente”. Inoltre in una parte della sua arringa difensiva rubricata “Fabiani chi?”, l’avvocato Biagioli ha rilevato: “Ho chiesto a tutti i testimoni se conoscessero Mario Fabiani. Nessuno conosce Fabiani. Nessuno sa di Fabiani”.
Il legale ha chiesto anche la revoca della contumacia del suo assistito che è comparso all’udienza del 10 giugno scorso. “Questa procura – ha concluso l’avvocato Biagioli – ritiene non vi sia traccia di azioni penalmente rilevanti che si possano addebitare in capo al Fabiani, pertanto si chiede l’assoluzione dell’imputato perché il fatto non sussiste e, in via subordinata, perché non consta abbastanza che sia colpevole”, ha concluso l’avvocato Biagioli. Assoluzione con formula dubitativa nei confronti di Fabiani, peraltro già chiesta dal Procuratore del fisco.
La difesa Sommella Ha inquadrato il periodo storico ed evidenziato le forti pressioni politiche su questo processo, l’avvocato Simone Menghini, difensore di Mirella Sommella, ex membro del Coordinamento della vigilanza di Bcsm nell’era Savorelli. L’avvocato Menghini è partito da una serie di eccezioni di nullità ravvisando “una sistematica violazione di quelle norme e dei diritti di difesa che dovrebbero informare lo svolgimento del processo, soprattutto di processi come questo, complicati e articolati, e, riteniamo noi, che tengono artatamente insieme diverse situazioni. Questo sentore di ingiustizia o di giustizia forzata, dalla fase istruttoria si è riverberato nella fase dibattimentale. Reiteriamo quindi le eccezioni già formulate perché crediamo sia giusto che le stesse trovino trascrizione nel corpo della sentenza. Non possiamo non eccepire – ha detto l’avvocato Menghini – delle violazioni riscontrate durante il dibattimento. Violazione della legge che disciplina le modalità dell’eccezione di verifica di costituzionalità: quella disposizione fondamentale prevede un termine a difesa di 20 giorni alle parti perché possano produrre allegazioni in diritto, ma non è stato concesso.
Altra eccezione che porta nullità, quando è stata dichiarata la decadenza del teste chiave Wafik Grais in quanto ritenuto superfluo. Non solo questo costituisce un precedente piuttosto pericoloso, in quanto il teste era stato citato dal giudice inquirente, ma perché si trattava di un teste ricitato da tante difese. E nelle loro conclusioni le parti civili non hanno fatto altro che citare il teste Grais per quanto dichiarato in istruttoria, a comprova che ci si trovi di fronte a un testimone essenziale”.
Quindi il quadro tacciato dall’avvocato Menghini è impietoso: “Riguardando gli atti di questo procedimento e avendo fresca memoria delle conclusioni delle parti civili, l’idea che da molto tempo mi ero fatto di questo processo, o meglio di questi processi, che riguardano fatti che avrebbero meritato procedimenti distinti, ha purtroppo trovato conferma. Siamo di fronte a un processo di natura squisitamente politica: politici sono i protagonisti occulti di questa vicenda; politici coloro che questo processo hanno costantemente fomentato; politici che l’azione di Bcsm hanno indirizzato; politici coloro che hanno nominato i vertici di Banca Centrale, politici e testimoni dipendenti di Bcsm, politici i testi che le parti civili hanno costantemente citato.
Che si tratti di un processo di tipo politico, vi è ampia evidenza”, ha detto l’avvocato Menghini. E le evidenze le ha elencate: “Ogni processo politico:
1) mira a riscrivere la storia a proprio uso e consumo. Quando ciò non è possibile, occorre dare una ricostruzione parziale o fuorviante, evitando di dare alle condotte una collocazione nel momento in cui si verificano.
2) Romanzare la storia, per renderla ad uso e consumo dell’opinione pubblica. Quindi il processo diventa distrazione di massa. Ecco che spunta l’uomo nero, il cavaliere bianco, il colpo di stato e via così a chi la spara più grossa.
3) Per riscrivere la storia non si può prescindere dal clamore mediatico: articoli, comunicati, esposti, interviste. Abbiamo avuto ministri che hanno rilasciato interviste nelle quali dicevano ‘Vanno tutti condannati, non si capisce cosa aspetti il tribunale a condannarli’. Il processo politico deve diventare mediatico. Il processo mediatico ingenera nell’opinione pubblica la convinzione che siano tutti colpevoli gli imputati… a nessuno importa che lo siano veramente. Tutti devono essere riconosciuti colpevoli. Tutti hanno fatto un reato: non hanno sbagliato, lo hanno fatto volontariamente. E tutti questi sono quelli che stanno dalla parte sbagliata della storia. E la storia la scrivono i vincitori, non i vinti.
4) Necessità di un procedimento unidirezionale e lacunoso. Dove non solo non si acquisiscono le prove fondamentali del procedimento, ma ci si guarda bene dall’acquisirle. Si ledono i diritti degli imputati attraverso spacchettamenti di processi o se ne riuniscono altri. Già abbiamo inventato processi dove si parla dei reati fine e intanto in istruttoria si indaga su un reato associativo… follia giuridica e anche umana”, ha detto l’avvocato Menghini che, come esempio cita “il caso Asset.
Il processo Asset è un’anatra zoppa che per provare a stare in piedi viene appoggiato al processo Cis, al caso titoli Demeter, a tutto quello che è la galassia Confuorti, Grandoni, eccetera… Quanto più il processo non ha sostanza, tanto più è necessario che la tragga dall’alea negativa che gli deriva dal processo principale. E’ una strategia anche psicologica, perché il giudice fa fatica a scindere, tanto più che i processi satelliti finiscono per fomentare questo”.
Quanto al caso Asset l’avvocato Menghini parla di vacuità delle prove fondamentali. “Manca una perizia su Asset, ancorché richiesta. Manca l’accertamento con le curve di uscita della liquidità da Asset”. E a sostegno del fatto che si tratti di un processo politico, l’avvocato Menghini cita il percorso del fascicolo: “La nostra assistita al termine di un procedimento durato oltre tre anni, viene ritenuta del tutto estranea alla vicenda Cis, alla vicenda Banca Centrale, del tutto estranea alla vicenda Asset, e si vede imputata solo di rivelazione di segreto di ufficio. Una accusa residuale, più per atto dovuto che per convinzione”. Ma dopo quell’archiviazione “c’è la levata di scudi contro quel decreto. Ci sono prese di posizioni in Consiglio da parte di esponenti di maggioranza… e così la nostra cliente si vede riaprire l’istruttoria e contestata tutta una serie di reati… mancava solo l’abigeato. Cosa dovrebbe pensare una persona quando accade questo? Da zero a mille”.
Dubbi dell’avvocato Menghini anche sulla ricostruzione della Procura fiscale circa la volontà di scalata a Carisp, riscontrando contraddizioni. “Cassa ci dice che hanno avuto un danno terribile dall’acquisizione di Asset: tutto passivo, e reclama milioni di danni. Allora, mi si vorrebbe fare credere che si voleva prendere Cassa, rimpolparla con Asset e gli hanno dato un danno? Neanche la logica riusciamo più a seguire? A seguire la fantasia l’uomo nero avrebbe detto: le spoglie di Asset presso qualsiasi banca, ma non in quella che volgiamo scalare…”
L’avvocato Menghini ricostruisce la vicenda Asset come “molto diversa”, richiamando le inchieste di Forlì, delle indagini su Cassa e Asset, “i tribunali italiani che mettono sotto pressione il sistema bancario sammarinese, la black list prima e i rimpatri di denaro poi che “hanno drenato 5 miliardi di euro il primo, 4,2 miliardi il secondo, 5,4 il terzo. Il Paese è sull’orlo del baratro. Poi le raccomandazioni del Fmi, l’Italia stringe, su Asset non possono far finta di niente. Quelle ispezioni non è più possibile fermarle. Ecco perché spostano l’ispettore. Ecco perché occorre un Aqr serio. Se si cerca un killer bisogna guardare da un altra parte, non qui…
Ma tutto questo – ha detto l’avvocato Menghini rivolgendosi al giudice – lei non lo sa perché non c’era in quel periodo e tutto questo non le viene rappresentato… sembra che quattro sciagurati vanno a chiudere una banca… e l’arma di distrazione di massa è servita per ricostruire le verginità perdute: l’enorme debito pubblico scompare; le responsabilità pregresse scompaiono; il fatto che il debito delle banche ce lo accolleremo noi come cittadini, scompare… Bcsm come centro di costi spropositati, che ha mantenuto proprio assetto come quando c’erano 12 banche e 82 finanziarie, ma loro sono sempre centro e rotti, scompare. Tutto questo sparisce dal dibattito politico e la catarsi è compiuta…”
Nel merito poi l’avvocato Menghini ha contestato punto su punto le accuse mosse alla sua assistita, Mirella Sommella, sia dal punto di vista dell’elemento oggettivo del reato sia dal punto di vista dell’elemento soggettivo. Chiesta dunque l’assoluzione da tutti capi di imputazione. Anche perché “nel capo di imputazione c’è un grave errore: si parla di Sommella come amministratore straordinario di Asset Banca, ma non lo è mai stato. E’ stata amministratore provvisorio” e in quella veste “non avrebbe potuto disporre il blocco dei pagamenti, considerato che è necessario l’avallo del comitato di sorveglianza che però non c’era in quella fase della procedura di rigore; né poteva convocare l’assemblea dei soci”, due mancanze che le vengono contestate.
L’avvocato Menghini ha poi posto una eccezione di costituzionalità sulla norma di procedura penale nella parte in cui non prevede un termine, in caso di impugnazione di un decreto di archiviazione come avvenuto nel caso della Sommella, per notificare l’impugnazione dell’avvenuta archiviazione e per controdedurre verso chi ha impugnato. “Questa fondamentale fase si è svolta senza la presenza della Sommella. In questo modo credo che si violi il diritto di difesa, che deve essere garantito in ogni fase del giudizio”. In via principale, tuttavia, l’avvocato Menghini ha chiesto l’assoluzione piena.
Stessa richiesta dal collega Flabio Lamberti, il quale ha sottolineato anche che, quando Sommella entrò in Bcsm, c’era una situazione già radicata di interlocuzioni con soggetti qualificati, presentati come tali, tra cui Confuorti, che la stessa riteneva “a pieno titolo partecipasse ad un rapporto consulenziale”. Di qui la richiesta di assoluzione.
In conclusione, poi, l’avvocato Menghini, per conto dell’altro suo assistito, Emilio Giannatti, ex vice direttore di BancaCis, associandosi alle conclusioni della Procura fiscale ha chiesto l’assoluzione.
Le altre difese Nella mattinata di ieri è stata la volta delle arringhe difensive degli avvocati di Marco Mularoni, ex vice direttore di Banca Cis, di Roberto Venturini, amministratore straordinario di Asset Banca, Ugo Granata, ex membro del coordinamento della vigilanza di Bcsm e Roberto Moretti, ex direttore di Bcsm. Arringhe delle quali daremo conto sull’edizione di domani.
Lunedì 8 luglio termineranno le conclusioni delle difese con gli avvocati di Roberto Moretti, la seconda parte dell’arringa iniziata ieri; Raffaele Mazzeo e Daniele Guidi. Poi in giornata è attesa la sentenza.
Articolo tratto da L’Informazione di San Marino pubblicato integralmente dopo le 23