L’Informazione di San Marino: “Giornalisti trascinati in giudizio, gli effetti di una discutibile istruttoria”

L’Informazione di San Marino: “Giornalisti trascinati in giudizio, gli effetti di una discutibile istruttoria”

Rassegna stampa – I commissari della legge inquirenti seguirono la linea delle infondate denunce di Banca Centrale e governo. Inascoltate le osservazioni degli indagati

ANTONIO FABBRI – Che cosa dovrebbero aspettarsi i cittadini dall’amministrazio- ne della giustizia e da una fase istruttoria nella quale il Com- missario della legge è chiamato a valutare tutte le prove a carico e a discarico? Che compia un va- glio rigoroso, obiettivo e critico dei fatti, una applicazione delle leggi, soprattutto in ambito pena- le, e poi decida di conseguenza. Che cosa accade nella realtà? Non sempre quello che i cittadini avrebbero diritto di aspettarsi.

Il caso dei giornalisti trascinati indebitamente in giudizio dalla Banca Centrale, dal suo presidente e dal governo che, con apposita delibera, ha incaricato l’Avvocatura dello Stato di perseguire i giornalisti senza alcun fondamento, è emblematico di come un’istruttoria non adeguatamente rigorosa possa riversare in atti vere e proprie distorsioni dei fatti, del diritto, delle norme e giungere all’ingiusto rinvio a giudizio che ha tenuto sotto processo indebitamente per quattro anni giornalisti che avevano svolto professionalmente, onestamente e nel solco del diritto-dovere di cronaca, il proprio lavoro.

Processo finito con un’assoluzione con formula piena, perché il fatto non sussiste, poiché fin dai primi atti del procedimento mancavano i presupposti di fatto e di diritto per incriminare i cronisti.

Le denunce infondate e una discutibile istruttoria Alla gravità di due denunce prive di fondamento, corredate di ricostruzioni strumentali, di talune asserzioni non vere oltre che di una interpretazione distorta ed erronea della legge, come non ci si aspetterebbe – e come sarebbe diritto non subire – da parte di Enti dello Stato, si è però unita una discutibile istruttoria, verrebbe da dire una supina accondiscendenza degli inquirenti che, anziché vagliare e valutare, hanno piuttosto seguito la linea accusatoria distorta ed erronea dei denuncianti, nonostante i giornalisti indagati e i loro difensori avessero fin dal primo momento fatto ben presenti, carte e norme alla mano, che le accuse nei loro confronti erano infondate poiché i fatti non erano come descritti dai denuncianti, il segreto dagli stessi preteso era inesistente e, in ogni caso, i giornalisti avevano fatto il loro lavoro nel rispetto delle leggi, della loro deontologia – anch’essa legge – delle norme superiori e dei principi fondamentali contenuti nelle norme sovraordinate, come la Carta dei Diritti.

Tutte circostanze che chi è chiamato ad applicare il diritto dovrebbe avere ben presenti, soprattutto se gli vengono evidenziate… ma così non è stato.

Negli atti degli inquirenti l’adesione alle accuse dei denuncianti Si è già avuto modo di evidenziare come sia grave che un Ente dello Stato, assieme al Congresso di Stato e loro legali rappresentanti e avvocati, sostengano in una denuncia che sia segreto ciò che non lo è, puntando parallelamente alla compressione del diritto di cronaca, trascinando in giudizio senza merito né diritto i giornalisti o, per estensione, qualsiasi cittadino.

Questo perché il peso della autorità degli Enti dello Stato potrebbe poi incontrare una certa accondiscendenza in sede giudiziaria e riverberarsi sull’istruttoria.

Si può ben dire oggi che il vaglio degli inquirenti verso le denunce infondate, non sia stato poi così rigoroso. A leggere gli atti, a partire dalla comunicazione giudiziaria, si comprende che gli inquirenti, nella prima fase i Commissari della legge Roberto Battaglino ed Elisa Beccari, abbiano abbracciato la distorta interpretazione normativa data da Bcsm e suoi legali e da Governo e Avvocatura dello Stato, cioè che quanto pubblicato su queste pagine fosse segreto quando, invece, segreto non era.

Ancora peggio, hanno sostenuto che i giornalisti avessero compiuto il loro lavoro non nel rispetto del loro diritto e dovere di cronaca, ma in spregio alle norme. Accusa su cui la sentenza assolutoria ha sgombrato totalmente il campo.

Resta grave che gli inquirenti, aderendo ad una denuncia piuttosto strumentale – contenente alcune ricostruzioni non vere e una interpretazione normativa errata – seppure proveniente da Enti dello Stato, non abbiano valutato la norma, i suoi effetti, la natura degli atti pubblicati e il pieno diritto-dovere delle persone accusate a compiere il proprio lavoro di informare la collettività.

Sta di fatto che i Commissari della legge inquirenti inviarono la comunicazione giudiziaria, contenente le accuse dei denuncianti alle quali i due magistrati evidentemente aderivano. Quindi convocarono il giornalista indagato per l’interrogatorio.

L’interrogatorio del giornalista accusato Il caporedattore di questo giornale, Antonio Fabbri, accusato di pubblicazione di atti coperti da segreto – che segreti non erano e non sono – venne convocato per l’interrogatorio il 29 aprile 2021. L’accusa era mossa nei suoi confronti, nei confronti del direttore di questo giornale, Carlo Filippini, e del Commissario della legge Alberto Buriani che aveva legittimamente autorizzato – come attesta la sentenza assolutoria per questo procedimento anche nei suoi confronti – l’accesso al fascicolo archiviato della cosiddetta “consulenza fantasma”, nel quale erano stati indagati la presidente di Bcsm Catia Tomasetti e l’eurodeputato Sandro Gozi.

Ebbene, nell’interrogatorio da- vanti ai Commissari della legge Roberto Battaglino ed Elisa Beccari, il giornalista, assistito dall’avvocato Marco Berardi, fece presente il codice deontologico dei giornalisti che recita: “L’Operatore dell’Informazione ricerca e diffonde le notizie di pubblico interesse nonostante gli ostacoli che possono essere frapposti al suo lavoro e compie ogni sforzo per garantire al cittadino la conoscenza ed il controllo della attività e degli atti pubblici”.

Fece presente l’evidente interesse pubblico di quanto riportato per cui era stato chiesto e autorizzato l’accesso agli atti. Fece presente, visto che la contestazione era l’aver pubblicato il contenuto del verbale del Governo, che la stessa “Dichiarazione dei diritti dei cittadini e dei principi fondamentali dell’ordinamento sammarinese” stabilisce senza possibilità di equivoco che “E’ garantita la trasparenza e la pubblicità degli atti del Congresso di Stato”.

Venne fatto presente che il ruolo del giornalista nella divulgazione di notizie di interesse pubblico è a garanzia del diritto della collettività di essere informata, principio sancito dalla Cedu e da copiosa giurispruden- za del tribunale sammarinese. Soprattutto il giornalista inter- rogato fece presente che quanto pubblicato, non era e non è coperto da alcun “segreto speciale” come si voleva fare passare. Non c’è alcuna norma penale che lo preveda ed “è aberrante per chiunque conosca un minimo di diritto, operare un combinato disposto estensivo in materia penale – dove vigono i principi di tassatività e stretta legalità – ad un regolamento che, peraltro, non parla minimamente di segretezza, bensì di riservatezza che è cosa ben diversa”, disse il giornalista.

Stessi concetti che con altre parole fissa la sentenza assolutoria il giudice Saldarelli.

I due Commissari della Legge inquirenti, tuttavia, ignorarono di fatto questa deposizione e proseguirono sulla infondata linea tracciata dai denuncianti, compiendo ulteriori criticabili atti di indagine di cui si darà conto nei prossimi giorni.

Articolo tratto da L’Informazione di San Marino pubblicato integralmente dopo le 18

 

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